Il Sole 24 Ore
14 marzo 2005

 

Gli italiani non sanno il prezzo giusto
Messi alla prova su 21 prodotti, in 17 casi danno indicazioni sbagliate: la confusione deriva da euro e troppe promozioni

di Fabio Grattagliano

 

"The Price is Right". Era il 1956 e negli Stati Uniti debuttava il format televisivo sbarcato poi in Italia nel 1983 con il nome di "OK, il prezzo è giusto!". La base del prezzo da indovinare è cambiata da quattro anni. Così come ha cambiato nome un altro programma tv "Chi vuol essere miliardario" che ha dovuto ridimensionarsi in "Chi vuol essere milionario". Effetti marginali dell'euro, si dirà. Più d'impatto appaiono, invece, i risultati di un'indagine che Ricerche Valdani Vicari ha condotto sui consumatori. Quanto costa un chilo di pasta? Quanto un detersivo o un dentifricio? Domande dalle cui risposte è possibile capire se gli italiani abbiano una percezione corretta dei prezzi di alcuni prodotti di largo consumo con alta frequenza d'acquisto.

La risposta è secca: no.

Il prezzo che hanno in testa gli italiani corrisponde alla realtà solo in quattro categorie di prodotti su 21: pasta, latte, acqua e biscotti. Gli altri sono tutti sbagliati. In maggioranza (12) i prodotti ai quali viene associato un prezzo più alto, anche del 50%, mentre in cinque casi il prezzo percepito è più basso di quello reale.
"Il processo di memorizzazione e di corretta attribuzione del prezzo per il consumatore è più un'eccezione che una regola - conferma Enzo Grassi, partner di Ricerche Valdani Vicari - e la transizione all'euro l'ha reso più difficile. In compenso, la frequenza d'acquisto tende ad agevolarlo". Tra le altre cause che alimentano questa errata percezione, Grassi individua soprattutto "il massiccio ricorso alla leva promozionale, che confonde il panorama dei prezzi e spinge il consumatore a esercitarsi nel confronto orizzontale dei prezzi a scaffale

e nella scelta dell'insegna più conveniente in quel momento".

Come sono stati chiesti i prezzi. Agli italiani che all'interno della famiglia si occupano degli acquisti e della conduzione della casa è stato chiesto di ricordare il prezzo di 21 prodotti acquistabili nei supermercati. È stato chiesto loro di pensare ai prodotti delle marche più famose e conosciute e al loro prezzo, senza considerare gli sconti e le promozioni.

Crolla l'inflazione percepita.

Il 73,8% degli italiani - secondo il sentiment rilevato periodicamente da Valdani Vicari Associati - è convinto che nei primi due mesi dell'anno i prezzi siano rimasti invariati. È la percentuale più alta mai registrata. Per avere un'idea, nello stesso periodo dell'anno scorso erano appena il 50 per cento. In ogni caso, tra le categorie di prodotto che gli italiani avvertono con prezzi in crescita più degli altri, in testa compare la voce "farmaci e servizi sanitari", in particolar modo le visite mediche specialistiche. A seguire la frutta e i prodotti per la casa.

Gli acquisti rimandati e le rinunce. Le spese per divertimenti, spettacoli e cultura (55%), per la bellezza e il benessere (52,6%), per abbigliamento, calzature e accessori (47,2%) e per hobby e sport (42,5%) sono quelle che gli italiani sostengono di aver temporaneamente diminuito o rimandato. Più drastica, invece, la decisione su elettrodomestici, computer e accessori (24,3%), cinema, teatro, libri e mostre (12,1%) o articoli sportivi (10,4%): sono le categorie in cui gli italiani hanno sopportato i maggiori sacrifici a febbraio 2005.

Torna a diminuire il risparmio. Dopo una flessione registrata a ottobre 2004, torna a crescere la percentuale di italiani che afferma di non riuscire a risparmiare, nel senso che spende tutto quello che guadagna o ricorre ai risparmi o si indebita. A febbraio lo sostiene mezza Italia: il 51,6 per cento.

 
 

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