Global
n° 32 - febbraio 1997

 

Testarda Iva
di Emanuele Bruno


 

Quando ha deciso di iniziare a fare televisione?
E' avvenuto per caso. Nell'era quasi pionieristica della tv commerciale ero una degli otto cantanti in gara all'interno di "Premiatissima", con Dorelli alla conduzione. Gli scambi di battute tra me e Johnny piacquero a Lillo Tombolino che mi propose di fare un programma alla mattina. Poi fu Silvio Berlusconi in persona a chiamarmi a Villa S. Martino e a chiedermi di buttarmi nell'esperimento. Nacque così "Facciamo un affare", un giochino di grande successo sulla scorta della tradizione della "bustarella", basato sul meccanismo dello scambio a scatola chiusa tra premio e busta rilanciato poi da "I Fatti Vostri". Andò bene e sulla scorta di questa esperienza dopo qualche tempo mi ritrovai a dovere decidere se sostituire Gigi Sabani che lasciava la conduzione di "OK, il prezzo è giusto!". In maniera quasi insensibile sono entrata a far parte del mondo della televisione trascurando quello della musica.

Una rinuncia consapevole?
Solo relativamente. La mia carriera di cantante era in un momento di transizione, imperversava la disco music, avevo fatto un disco malriuscito e decisi di prendermi una sorta di pausa di riflessione. La mia vacanza dal mondo della canzone è durata molto di più di quello che al momento mi aspettassi. Non ho abbandonato del tutto il mondo musicale ma la gente ormai mette quasi in sott'ordine le mie otto partecipazioni al Festival di Sanremo, le tante vittorie e i piazzamenti.

Quali erano gli autori della Zanicchi cantante?
Ho collaborato anche con dei "grandi" come Sciorilli e Testa (ndr: "Non pensare a me" e "La riva bianca e la riva nera") ma non ho mai avuto un autore o un team di autori che scrivesse per me. La casa discografica per cui lavoravo, una delle ultime a resistere all'avanzata straniera in questo settore, era di mio suocero. Un uomo in gambissima, che ha valorizzato tantissimi talenti italiani, dai Giganti a Zucchero e che ha avuto Mina e Celentano in scuderia, ma lavorare in famiglia non è mai troppo conveniente. Quando mi sono affermata ho provato a farmi trainare dai giovani che però non sempre fornivano materiale apprezzabile. Ho inciso le prime canzoni di Zucchero che purtroppo non erano le canzoni che ha scritto dieci anni dopo. Non avevo un team creativo cui fare riferimento. Anche in televisione ho lo stesso problema; non ho avuto mai un "clan" alle spalle. Sono stata spesso costretta a far da sola.

Probabilmente è stata "vittima" del suo eccesso di personalità artistica. Le viene dato un supporto relativo, visto che riesce a compensare da sola difetti e lacune nella scrittura di canzoni e programmi.
È possibile. È vero pure che mi piace non avere una gabbia precisa di cui dover tener conto, mi sento molto più a mio agio a dover improvvisare. Ma se questo può valere per un programma con una griglia molto precisa come "OK, il prezzo è giusto!", da quando sono alle prese con il talk show sento la necessità di essere seguita fino in fondo da un team di autori che mi conosca bene e con cui mi senta in piena sintonia.

A proposito di "OK, il prezzo è giusto!": in questo programma che ha varcato la soglia delle 2500 puntate Iva Zanicchi ha una lunga milizia. Una trasmissione solida e capace di rendere stabilmente dei buoni risultati di audience, che però qualche anno orsono conobbe per qualche mese alcuni momenti di crisi. Cosa era successo, come si risolse?
Era un anno un po' particolare per l'azienda, che tirava giustamente i remi in barca considerate certe difficoltà economiche contingenti, comuni tra l'altro pure alla Rai. Cosa accadde? Quando un conduttore è tranquillo e soddisfatto, contento di quello che fa, trasmette questa serenità, il telespettatore l'avverte chiaramente e l'apprezza. C'è stato un periodo di grande crisi personale e di stanchezza e nonostante la formula della trasmissione fosse invariata e il mio cambiamento di umore relativamente impercettibile, gli ascolti cominciarono a calare. Il problema era che io non devo sentirmi inscatolata in un modulo che non approvo, non devo avere il fiato del produttore sul collo e, soprattutto, devo poter lavorare in armonia con i miei colleghi. Non sono un'attrice, non riesco a fingere e se c'è qualcosa che non va nell'equipe di cui faccio parte, la cosa finisce per trasparire chiaramente. Poi senza cambiare nulla, finiti i conflitti interni con la variazione della squadra, tutto è tornato a funzionare, gli ascolti a salire.

In quel periodo si era parlato di una sua crisi di motivazione per l'impegno routinario, di un possibile passaggio alla Rai. Cosa c'era di vero?
Era vero che la Rai mi aveva proposto un programma al quale io aspiravo, Uno Mattina, e alcuni speciali serali. L'offerta mi allettava perché il grande contenitore mi avrebbe dato la possibilità di esprimermi appieno. Ho finito per rinunciare per tanti motivi seri ma anche perché ho pure una natura conservatrice; mi affeziono ai posti e alle persone e cambiare per me è dura. Lavoravo a Mediaset da tanti anni e sarebbe stato un trauma fortissimo lasciare. Avevo deciso di farlo per un periodo transitorio, ma poi ho scelto di rimanere anche per stare vicino ai miei genitori molto anziani che vivono con me. Avrei dovuto trasferirmi a Roma e non me la sono sentita. E poi c'è anche il fatto che per una donna come me che ha i bioritmi dell'artista abituata ad andare a dormire alle quattro, alzarmi tutte le mattine alle cinque sarebbe stato uno choc troppo forte.

L'impegno che ha messo sui referendum "anti-Mediaset", aldilà questioni di merito, ha mostrato che nelle sue corde c'era anche la possibilità di occuparsi d'altro, di affrontare temi sociali.
È vero sono stato uno dei personaggi più combattivi. È stata una battaglia che ho sentito molto, una battaglia di libertà: tutti hanno il diritto di poter scegliere liberamente. L'affermazione di questo principio andava oltre qualsiasi attestazione di credo politico. 

Abbiamo un grandissimo strumento di democrazia che è il telecomando, non vedo perché qualcuno debba decidere per il pubblico cosa accendere e spegnere. La sensazione è stata quella di una dimostrazione di sensibilità che mi consentisse di affrontare cose nuove rispetto a quelle che avevo fatto fino a quel momento. La mia aspirazione a mutare registro è normale. Arrivata a una certa età comincia a diventare importante fare qualcosa di utile per gli altri. Ho lottato tanto per arrivare, vengo da una famiglia povera, ho la consapevolezza di fare parte di una schiera di privilegiati. Viene il momento, passati i 50 anni che il potere fare qualcosa di più utile e significativo viene sentito come una esigenza intima e insopprimibile. L'impegno nell' "Iva Show" da questo punto di vista mi soddisfa appieno. La puntata effettuata nelle carceri è stata una esperienza personale e professionale profondissima.

A proposito del suo talk show viene spesso citato ad esempio il programma omologo di Ophrah Winfrey negli Usa. Cosa ne pensa?
Non ne ho mai visto una puntata. Mi hanno detto che questa signora è potentissima e influenza perfino la maniera di vedere le cose degli americani. Io non potrei mai essere così, è una responsabilità troppo grande, un potere che non mi interessa e non sono in grado di esercitare: gli italiani, poi, sono molto più scafati e più distaccati. Fatma Ruffini si è ispirata a questo programma made in Usa per alcuni aspetti generici e di confezione. Ogni talk show è strettamente ancorato alla personalità del conduttore e non può prescinderne. Io sono come sono e non c'è nessuno che potrà farmi mai cambiare la sensibilità nell'approcciare le persone e i problemi. Di fronte a certe situazioni non ci sono atteggiamenti preconfezionati e recitabili, si risulta subito falsi o stucchevoli.

Alla fine della scorsa stagione si parlò del rilancio di Rete 4 e la Zanicchi e Bongiorno furono arruolati tra i soldati che dovevano andare in avanscoperta. Mike si sta ancora lamentando perché le truppe non arrivano.
Non è possibile smentire il grande Mike. Certo se ci fossero stati anche altri personaggi coinvolti nel rilancio non avrebbe fatto male alla rete. Per conto mio posso dire che il bilancio è positivo, non sono mai andata sotto la media della rete, molto più spesso andiamo ben sopra gli obiettivi di ascolto di Rete 4. Non voglio entrare nel merito delle strategie del gruppo ma, indubbiamente, anch'io avrei voluto un impegno maggiore. Non si fanno le nozze con i fichi secchi. Era previsto per me, ad esempio, un programma serale importante. Autori bravissimi, l'idea molto forte: non capisco perché non la si realizzi.

Come vanno i suoi rapporti con Publitalia?
Sono sempre stati ottimi, forse migliori di quelli che di volta in volta ho avuto con le reti. È dalla concessionaria che vengono spesso le più puntuali e sentite gratificazioni per quello che fai. Sono consapevole di lavorare in una televisione commerciale, che vive di pubblicità; questo aspetto del mio lavoro lo curo con estrema attenzione. Mi sono sempre impegnata moltissimo e così ho degli sponsor storici che mantengo da anni e anni, qualche case history particolarmente brillante. Le telepromozioni e le televendite? Io le faccio nella maniera più spontanea possibile. Chi lavora con me da tempo sa che a dei testi molto elaborati preferisco una traccia semplice; tento d'immedesimarmi nella signora che sta a casa a sentirmi per cercare di capire come potrei accettare che tutte le sere mi venga riproposto in maniera convincente lo stesso prodotto. Alcuni mi lasciano fare e non sbagliano, altri pretendono un'attenzione più fiscale alle loro indicazioni e mi accorgo che in questi casi sono meno brava.

È sempre andato tutto bene, ha promosso ogni tipo di prodotto le venisse proposto senza alcun imbarazzo?
In effetti ci sono stati due o tre casi in cui non ho ritenuto che la proposta commerciale fosse confacente al momento, al programma, all'ora. Si è aperta una discussione franca con la concessionaria e abbiamo risolto ogni problema. In due casi hanno ritenuto legittime le mie remore e nell'altro abbiamo fatto una variazione che rendeva tutto più accettabile.

Qual è il suo rapporto con Auditel e con gli ascolti?
Più tranquillo di quello di tanti miei colleghi, non ne sono ossessionata. Qui a Rete 4 c'è un filo di attenzione e di tensione in più, considerata la sfida che stiamo affrontando: la controprogrammazione è fortissima, andiamo in contemporanea per mezz'ora con due trasmissioni "mostre" come "Luna Park" e "Tira e Molla", ma comunque vado tranquilla. Se ti lasci coinvolgere dall'Auditel ti rovini la vita.

Cosa guarda in televisione?
Non ho molto tempo a disposizione ma tendenzialmente guarderei di tutto, arrivo tardi a casa e resto in piedi fino a notte fonda davanti al video. La domenica ad esempio, guardo sia "Domenica In" che "Buona Domenica", ho appena fatto una scorpacciata di Sanremo.

A proposito di Sanremo. Una valutazione secca: Pippo o Mike?
Credo che Mike sia stato bravissimo, ad un livello che non mi sarei aspettata. Ha retto alla grande, infilando ad arte qualche gaffes delle sue nel contesto, tenendo sempre il ritmo giusto, senza dilungarsi nelle celebrazioni in cui forse Pippo un po' eccedeva. Una conduzione sobria e stringata ma senza alcun difetto d'efficacia. Una conduzione vincente.

Riparteciperebbe al Festival?
Senza ombra di dubbio. Quest'anno ho fatto tastare il terreno al mio produttore che ha capito che in questa edizione non era aria. Alla Rai non gradivano, vedremo più avanti.


 

 
 

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